Con la sentenza n. 2816 del 04.02.2025, la Cassazione afferma che, anche alla luce dei sacrifici e dei costi organizzativi che il congedo parentale impone alla parte datoriale, è legittimo il licenziamento del dipendente che, durante la fruizione di tale istituto, svolge una diversa attività lavorativa. Il dipendente impugna giudizialmente il licenziamento irrogatogli per aver svolto un’altra attività lavorativa durante il periodo di fruizione del congedo parentale retribuito ex art. 32 del D.Lgs. n 151/2001. La Corte d’Appello rigetta la predetta domanda, ritenendo provata la condotta oggetto di addebito all'esito di una verifica effettuata dall'agenzia investigativa incaricata dalla società datrice ed in possesso di tutte le necessarie autorizzazioni.
La Cassazione - confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello - rileva, preliminarmente, che il congedo parentale si pone l'obiettivo di assicurare il diritto del figlio di godere dell'assistenza materiale ed affettiva di entrambi i genitori nei primi anni di vita. Per la sentenza, si tratta di un diritto potestativo del dipendente, rispetto al quale la posizione del datore è di mera soggezione, nel senso che a quest'ultimo non è consentito di rifiutare unilateralmente la fruizione del congedo e neppure di dilazionarla. Secondo i Giudici di legittimità, la compressione dell’iniziativa datoriale ed il sacrificio imposto alla collettività in relazione ai costi sociali ed economici connessi alla fruizione del congedo parentale, giustificano una valutazione particolarmente rigorosa, sotto il profilo disciplinare, della condotta del lavoratore che si sia sostanziata nello sviamento dalle finalità proprie dell'istituto e nell’utilizzazione strumentale dello stesso per la realizzazione di obiettivi ad esso del tutto estranee. Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso del dipendente, confermando la legittimità del licenziamento irrogatogli.
Tutti i diritti riservati | ISTITUTO PRIVATO INVESTIGATIVO ANNIGONI