Il coniuge che si oppone all’addebito deve provare che la crisi coniugale è anteriore al tradimento e che non c'è nesso causale tra la condotta fedifraga e l’intollerabilità della convivenza - Nel corso di una separazione personale la moglie imputa l’intollerabilità della convivenza alla violazione degli obblighi nascenti dal matrimonio da parte del marito, che accusa di tradimento e la cui infedeltà viene dimostrata producendo in giudizio una fotografia. L’uomo impugna la pronuncia di addebito affermando che fosse già in atto una crisi coniugale ma non allegando nulla a suffragio della sua tesi difensiva.
In materia di addebito, come viene ripartito l’onere della prova tra i coniugi?
La Corte di Cassazione, Sezione I, con l’ordinanza 7 agosto 2024, n. 22291, ribadisce la propria costante giurisprudenza in materia. Il coniuge che chiede la pronuncia di addebito (nel caso di specie, la moglie) ha l’onere di provare la contrarietà della condotta dell’altro ai doveri discendenti dal matrimonio (come il tradimento) e l’efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza. Invece, l’altro coniuge, che si oppone,deve allegare l’anteriorità della crisi coniugale rispetto all’infedeltà (o ad altra violazione dei doveri coniugali) e la conseguente assenza del nesso causale tra la condotta fedifraga e l’intollerabilità della convivenza. Nella fattispecie in esame, i giudici di merito hanno ritenuto provata la rottura dell’unione a causa del tradimento dell’uomo e questi non ha fornito alcun elemento di segno contrario che potesse portare ad una spiegazione alternativa alla ricostruzione dei fatti operata dalla moglie. Infine, «l'indagine sulla responsabilità di uno o di entrambi i coniugi nella determinazione dell'intollerabilità della convivenza è riservata al giudice del merito ed è, quindi, censurabile in sede di legittimità nei limiti previsti dall'art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.».
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